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Nel 1945 Palazzo Civico, dopo aver vissuto gli anni della dittatura e della guerra, ha visto i giorni della Liberazione, dall’insurrezione alla sfilata dei partigiani. Il 24 e 25 aprile 2022 attraverso una proiezione sulla facciata di Palazzo Civico i torinesi rivivranno quei momenti rivisitati da un premiato uomo di cinema, Luca Bigazzi, autore di un racconto audiovideo della Liberazione di Torino. Le parole di chi per abbattere il regime ha dato la vita, cui gli allievi della Scuola del Teatro Stabile restituiranno la voce, si alterneranno alle immagini di una città che tra le macerie dei bombardamenti rende omaggio ai suoi partigiani.

Altri studenti e studentesse, quelli dell’Accademia Albertina di Belle Arti e quelli del Conservatorio Giuseppe Verdi, daranno forza visiva e sonora al ricordo, reinterpretando l’idea di coralità e di futuro di quel momento. A cura di: Città di Torino con la collaborazione di Fondazione per la Cultura Torino – Museo Diffuso della Resistenza della Deportazione della Guerra dei Diritti e della Libertà – Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza ISTORETO Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” – Accademia Albertina di Belle Arti di Torino Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali – Teatro Stabile Torino, Scuola per Attori INGRESSO LIBERO – il video, proiettato più volte tra le ore 20.00 e la mezzanotte del 24 e 25 aprile, sarà fruibile gratuitamente a quanti accederanno alla piazza, cuore della città che per la Festa della Liberazione si renderà ideale cassa di risonanza dei suoni della memoria.

 

La rivolta degli studenti e delle studentesse del Politecnico contro il regime oppressivo della Grecia

Oggi vogliamo fare con voi un tuffo nel passato, precisamente nel 1973, quando il Politecnico di Atene si rivolta fortemente alla dittatura dei colonnelli, nota anche come la Giunta, un regime dittatoriale di stampo fasciata che dal 1967 al 1974 ha terrorizzato la Grecia. Dopo un colpo di Stato ha soppresso il governo per operare in maniera subdola contro ogni tipo di libertà politica e personale. 

 

Gli eventi di cui ci occupiamo oggi cominciano il 14 novembre e finiscono il 17, quando un carro armato sfonda l’entrata del Politecnico provocando svariati feriti e moltissimi morti.

 

 

Nel periodo di totale controllo della Giunta militare, si assiste ad una serie di proibizioni: una delle tante è la negazione di ogni tipo di associazione studentesca e delle elezioni dei consigli universitari. Lo stesso anno un gruppo di universitari occupa la facoltà di Giurisprudenza di Atene, occupazione che termina presto con l’intervento delle forze armate a sedare la rivolta. È il 14 novembre e gli studenti e le studentesse del Politecnico indicono uno sciopero, occupano così la facoltà e prendono possesso delle apparecchiature per dar vita ad una radio dissidente che trasmette un messaggio chiaro: “Qui il Politecnico! Popolo greco, il Politecnico è la bandiera della vostra sofferenza e della nostra nostra sofferenza contro la dittatura e per la democrazia”. L’occupazione abusiva dura per tre giorni, quando un enorme carro armato irrompe all’interno del Politecnico e condanna chi è presente ad una notte di scontri; il governo spegne la luce all’intera città. Una metafora quella di “spegnere le luci” che soffoca la ragione, la cultura e la libertà personale di essere studenti e studentesse. Un avvenimento che ci deve far riflettere e domandare: cosa sarebbe un paese senza le sue università? Senza quei luoghi che sono la culla del sapere?

 

 

Torniamo ad Atene, perché l’orrore non è finito. Gli scontri tolgono la vita a 24 persone che stavano lottando per la libertà del loro paese, ormai in mano ad una dittatura sempre più forte, una delle vittime aveva appena 5 anni. Oggi l’avvenimento si ricorda con sentimento e fa parte della memoria collettiva di un paese che è la culla della civiltà ellenica, ma che al suo interno è divelto. È il 17 novembre quando la Giunta militare frena le rivendicazioni degli studenti e delle studentesse, non è una data importante solo per la Grecia; lo è per il mondo intero perché è il simbolo della lotta attiva delle università. Proprio quel giorno, ma nel 1939, vengono uccisi 9 tra studenti e professori, catturati dopo le protestare contro l’occupazione tedesca e le oppressioni perpetuate dal regime nell’ex Cecoslovacchia. Il 28 ottobre viene prima ferito Jan Opletal, uno studente che morirà l’11 novembre, poi 1200 studenti e studentesse in seguito vengono arrestati e deportati in un campo di concentramento, infine, il 17 novembre vengono assassinati, senza processo, 9 dei ragazzi e dei professori presenti alla manifestazione di Praga. Ne parleremo più approfonditamente nell’articolo che uscirà martedì prossimo, sempre sul nostro blog.

Noi vogliamo ricordare quei momenti e sostegno di una tesi: un mondo senza università non può esistere, un paese senza il suo sapere non può vivere. E ancora una volta capiamo quanto sia fondamentale il diritto, solo oggi inalienabile, allo studio e all’espressione personale, svincolata da ogni oppressore e regime totalitario. 

 

Il Post | Wikipedia

 

Ylenia Covalea


 

 

Dad e didattica: con il nuovo Dpcm il Piemonte é entrato nella zona rossa e la didattica torna ad essere online. È chiaro, questa emergenza ci ha insegnato che la didattica non può e non deve fermarsi, e in quanto priorità di ogni studente e studentessa, deve essere il più possibile inclusiva.

Il Digital Economy and Society Index (Desi) misura il livello di digitalizzazione dei paesi europei, dov’è posizionata l’Italia? Ultima, sia per competenze digitali che per capitale umano. Nel 2020 l’uso di internet si è drasticamente alzato, ma è un dato relativo al confinamento domestico in risposta alla pandemia da Covid-19, è sicuramente un dato che deve essere letto tenendo conto del contesto in cui viviamo (le persone che usano internet almeno una volta a settimana sono l’85 %).

La DaD, simpatico acronimo di didattica a distanza, ha acceso non poche critiche: non ti gli studenti e le studentesse possiedono una sufficiente connessione ad internet, un pc e una stanza tutta per sé dedicata allo studio. Questo è solo l’apice della disuguaglianza nelle nostre scuole e università, di Dad ha parlato Antonio Schizzerotto, Professore Emerito del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento: “Con la didattica a distanza tutte le disuguaglianze si sono acuite, innanzitutto perché sappiamo che non tutte le zone del paese sono ugualmente coperte da connessione internet, inoltre secondo i dati ISTAT, una quota non banale di popolazione scolastica non ha accesso diretto o indiretto a strumenti come tablet, pc portatili, o i-phone”.

 

Manca l’inclusività, c’è molto lavoro da fare

Basta entrare in un’aula universitaria per capire che sì, sicuramente la didattica deve essere rimodulata. Perché non adottare il cosiddetto “students-centered learning”, l’apprendimento rivolto allo studente?

La didattica centrata allo studente deve investire tempo e risorse per la creazione di conoscenze e competenze dell’allievo, rendendolo dunque parte attiva nella nostra società. Non solo conoscenza, ma anche creatività, capacità critica e propensione a prendere iniziative: è la creazione di un nuovo studente, partecipe, interessato e creativo. Si parla di problem-based learning; task-based learning; learning by doing; group learning: tutte iniziative che vogliono lo studente al centro del discorso educativo.

L’SCL (students-centeredlearning) ha bisogno una definizione chiara delle competenze da sviluppare; l’implementazione di una varietà di approcci adatti a tutti, perché non tutti gli allievi imparano e si esprimono allo stesso modo: occorre più flessibilità nel discorso educativa, lo studente dovrebbe poter sviluppare il proprio piano di studio secondo le sue esigenze di apprendimento.

 

 

La didattica italiana dovrebbe prendere in considerazione il fatto di valorizzare ogni studente e ogni studentessa nelle loro diversità e peculiarità. Conoscete Howard Gardner? È uno psicologo e professore alla Harvard University, tra i più importanti esponenti della scienza cognitivista (The Mind’s New Science, 1983), ha teorizzato l’esistenza delle intelligenze multiple. L’intelligenza non può essere misurata da un Quoziente d’intelligenza, ma piuttosto è bene adottare un atteggiamento più dinamico.

Parliamo di:

  • Intelligenza logico-matematica
  • Intelligenza linguistica
  • Intelligenza spaziale
  • Intelligenza musicale
  • Intelligenza cinestetica o procedurale
  • Intelligenza interpersonale
  • Intelligenza intrapersonale
  • Intelligenza naturalistica
  • Intelligenza filosofico-esistenziale

Lo studio è ricerca, miglioramento, “doing” e risoluzione di problemi, in questo il ruolo dell’insegnante è fondamentale: deve essere una Virgilio per i suoi studenti, accompagnarli e sostenerli nel loro percorso di formazione. Sarebbe utile tornare a ripensare alla mission dell’università: la formazione di nuove e giovani menti in grado di sviluppare un pensiero critico nei confronti della realtà e l’università dovrebbe fornire gli strumenti adeguati a tutti e tutte per farlo, senza lasciare nessuno indietro. 

 

 

Ylenia Covalea

 

Dpcm e università: la difficile situazione delle università italiane

 

Abbiamo già visto come la pandemia non sia riuscita a frenare l’alto numero di immatricolazioni all’università, gli atenei si sono quindi adoperati ad accogliere studenti e studentesse in sicurezza: lezioni in presenza, didattica a distanza e ingressi contingentati. Per contrastare la diffusione del contagio, le autorità regionali, locali o sanitarie, potranno valutare le situazioni particolarmente rischiose e per questo adottare forme differenti per continuare a garantire la sicurezza nello svolgimento dell’attività didattica per corpo docente, personale A.T.A. e studenti.

 

 

Ci dobbiamo quindi aspettare forme differenti di didattica in base all’andamento del quadro epidemiologico e alle esigenze formative. L’Accademia Albertina di Torino, per esempio, ha predisposto alcune lezioni in presenza che necessitano di uno scambio tra docenti e studenti. Proprio per le AFAM e le università si è fatta particolare attenzione riguardo ad allievi e allieve con disabilità, che potranno svolgere, se la situazione lo dovesse richiedere, le attività formative anche da casa. Il Nuovo Dpcm chiarisce anche lo svolgimento di tirocini delle professioni sanitarie e dei corsi di formazione specialistica, essi potranno proseguire, dove necessario, in modalità non in presenza.

C’è anche da contare la difficile organizzazione del trasporto pubblico verso scuole e università, come già evidenziato dall’Indagine nazionale sulla mobilità casa-università al tempo del Covid-19 realizzata dalla Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, il trasporto sarà il settore che più pagherà le conseguenze di questa pandemia, gli studenti e le studentesse che si recheranno a lezione preferiranno forme alternative di spostamento: l’automobile, il monopattino o la bici.

 

 

La situazione è in continuo capovolgimento, non ci resta che attendere le risposte delle università, specie in materia di tirocini e laboratori che necessitano di essere svolti in presenza, dove spesso nelle aule non è possibile mantenere una stanza adeguata per evitare il contagio. Ancora una volte le università devono far fronte ad una situazione difficile e precaria, generata da anni di continui tagli ad infrastrutture e fondi dedicati alla formazione. 

Ylenia Covalea

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Terra di tesori artistici e molteplici contraddizioni, si può ancora studiare arte e farne un lavoro?

 

Siamo fieri del nostro patrimonio, della cultura millenaria che difendiamo a spada tratta e di quell’arte prodotta dai più grandi artisti che il nostro paese potesse partorire, ma in Italia con l’arte non si può vivere. Perché è così difficile farlo in un paese che può vantare ben 55 siti riconosciti come patrimonio mondiale UNESCO? Uno degli ultimi è un orgoglio piemontese: Ivrea, la sede dell’Olivetti e città industriale del XX secolo. 

Ma nel primo paese al mondo per presenza di siti di interesse mondiale, com’è possibile che i professionisti e le professioniste dell’arte non abbiano diritti? Una laurea conseguita all’interno di un’accademia di belle arti è solo equipollente ad una regolarmente riconosciuta e conseguita all’università. Benvenuti nel mondo delle AFAMAlta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, istituite solo nel 1999, dove i laboratori sono inagibili e i fondi non arrivano mai. La maggior parte del corpo docente non ha il posto fisso, infatti di anno in anno la loro cattedra è vacante: i contratti sono i famigerati co.co.co, che spesso dati i ritardi e i continui rinvii del MIUR, non possono permettere una certa stabilità negli insegnamenti, questo si riversa inesorabilmente su studenti e studentesse che spesso sono costretti a cambiare docente ad anno scolastico già avviato. Da un lato ci sono i lavoratori precari delle AFAM che non hanno né congedi parentali né giorni di malattia, dall’altro studentesse e studenti di tutta Italia che sono ancora ben lontani dall’essere considerati universitari e dall’avere gli stessi diritti.

 

 

Dal sito del Ministero dell’Istruzione, che non sta sicuramente vivendo mesi semplici, leggiamo che “Il Ministero contribuisce annualmente al sostegno finanziario delle Istituzioni AFAM, attraverso diverse linee di finanziamento”, poi si fa riferimento ai vari contributi per migliorare la didattica, fondi per supplenze e attrezzature. Ma gli studenti e le studentesse stanno ancora attendendo una risposta dal Ministero che, ancora una volta, ritarda nell’approvazione dei nuovi piani di studio: l’anno accademico è alle porte e l’incertezza è tanta. Con il decreto ministeriale del 14 luglio 2020 emanato dal Ministro dell’Università e della Ricerca, sono stati delineati i criteri di ripartizione del “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’Università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, che ha destinato 9 milioni di euro per le AFAM pubbliche e 1 milione per quelle private. 

Le accademie di belle arti e i conservatori erano istituti superiori alla pari delle università di Architettura, ma il regime fascista le fece diventare istituzioni scolastiche, iniziò così un lungo periodo di declassamento. Solo alla fine degli anni Novanta venne concessa l’equipollenza con le università e la supervisione del Ministero dell’Università e della Ricerca, una storia difficile già in partenza. Anche il riconoscimento in ambito universitario dei crediti accademici ottenuti, i cosiddetti CFA, è un procedimento complesso, spesso per le università questi non valgono.

Si pensa spesso che l’arte non possa che essere un passatempo, un hobby, ma per moltissimi professionisti è un lavoro che deve essere riconosciuto alla pari di qualsiasi altra professione. Non sappiamo valorizzare le nostre bellezze, non siamo in grado di gestire i fondi dedicati all’arte e alla cultura, forse perché sono ambiti permeati dal pregiudizio che possano essere economicamente poco fruttuosi, ma non è così; l’arte sta virando verso una digitalizzazione impressionante. Le Art Industries esistono e rendono milioni di euro: realtà aumentata, apparecchiature tecnologiche per un experience museale in sicurezza, tecnologie 3D. I modelli espressivi si stanno adeguando ad ogni situazione, ma sembra che il mercato dell’arte debba rimanere ancora prerogativa di pochi eletti. 

 

 

Bisognerebbe partire dal riconoscimento dei diritti fondamentali per studenti, studentesse e corpo docente, poi si imparerà a valorizzare e curare il patrimonio artistico del nostro Paese, esso ha bisogno laureati e laureate nelle venti accademie italiane che sappiano curare quello che per anni è stato lasciato in balia del degrado. Uno stato che dedica solo il 4,1% del proprio PIL all’istruzione, non potrà mai reputare l’istruzione un campo essenziale per la crescita e la formazione di menti artistiche in grado di migliorare l’Italia.

L’arte in Italia non è una priorità.

Fonte: The Vision

 

Ylenia Covalea

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Quest’anno chi ha sostenuto il test per le specializzazioni in Medicina non avrà vita semplice: il MIUR blocca la graduatoria, ma cos’è successo?

 

Troppi i ricorsi al TAR e il Ministero dell’Istruzione decide di sospendere la graduatoria che conta ben 22 mila futuri specializzandi e specializzande in medicina, che nel nostro paese mancano. 

Il Ministero aveva predisposto un numero più alto di borse di studio per incrementare le iscrizioni alle specializzazioni, da 8.776 a 14.395, ma le limitazioni imposte erano molte:

  • Gli iscritti e le iscritte al secondo e terzo anno del corso di Medicina Generale non potevano concorrere
  • I punteggi del Curriculum Vitae non valevano per chi fosse già in possesso di uno stipendio da specializzando/a o corsista oppure di un diploma di specializzazione per medici con contratto in una struttura sanitaria.

Molte sono state le perplessità, per questo il TAR del Lazio ha accolto i ricorsi mettendo quindi a rischio la validità dell’intero concorso. Il MIUR non ha pubblicato le graduatorie, per questo centinaia di studenti e studentesse hanno chiesto che vengano rese pubbliche.

 

 

La situazione italiana è marginale, infatti il nostro Paese risulta essere in fondo alla lista per l’impiego di fondi dedicati alla ricerca e all’istruzione, due ambiti oggi più che mai, importanti e necessari. Trascurare università e ricerca è sintomo di un paese che non ha intenzione di investire nel futuro, per questo migliaia di studenti e studentesse tentano la strada del dottorato all’estero. 

In Italia i fondi sono pochi e mal gestiti, solo l’1,4% del PIL è destinato alla ricerca e per fronteggiare la carenza di medici sono state predispose 1.200 borse di studio per la specializzazione medica, ma per la CISL Medici ne servirebbero almeno 11 mila per formare il nuovo personale medico. 

Si è sperato che la difficile situazione dovuta al Covid facesse capire l’estrema importanza di investire in salute, ricerca e università, ma le graduatorie delle di Medicina ci fanno presto piombare alla realtà: la proprietà non è ancora l’istruzione, ma è necessario che lo diventi presto. 

 

Ylenia Covalea

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