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Terra di tesori artistici e molteplici contraddizioni, si può ancora studiare arte e farne un lavoro?

 

Siamo fieri del nostro patrimonio, della cultura millenaria che difendiamo a spada tratta e di quell’arte prodotta dai più grandi artisti che il nostro paese potesse partorire, ma in Italia con l’arte non si può vivere. Perché è così difficile farlo in un paese che può vantare ben 55 siti riconosciti come patrimonio mondiale UNESCO? Uno degli ultimi è un orgoglio piemontese: Ivrea, la sede dell’Olivetti e città industriale del XX secolo. 

Ma nel primo paese al mondo per presenza di siti di interesse mondiale, com’è possibile che i professionisti e le professioniste dell’arte non abbiano diritti? Una laurea conseguita all’interno di un’accademia di belle arti è solo equipollente ad una regolarmente riconosciuta e conseguita all’università. Benvenuti nel mondo delle AFAMAlta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica, istituite solo nel 1999, dove i laboratori sono inagibili e i fondi non arrivano mai. La maggior parte del corpo docente non ha il posto fisso, infatti di anno in anno la loro cattedra è vacante: i contratti sono i famigerati co.co.co, che spesso dati i ritardi e i continui rinvii del MIUR, non possono permettere una certa stabilità negli insegnamenti, questo si riversa inesorabilmente su studenti e studentesse che spesso sono costretti a cambiare docente ad anno scolastico già avviato. Da un lato ci sono i lavoratori precari delle AFAM che non hanno né congedi parentali né giorni di malattia, dall’altro studentesse e studenti di tutta Italia che sono ancora ben lontani dall’essere considerati universitari e dall’avere gli stessi diritti.

 

 

Dal sito del Ministero dell’Istruzione, che non sta sicuramente vivendo mesi semplici, leggiamo che “Il Ministero contribuisce annualmente al sostegno finanziario delle Istituzioni AFAM, attraverso diverse linee di finanziamento”, poi si fa riferimento ai vari contributi per migliorare la didattica, fondi per supplenze e attrezzature. Ma gli studenti e le studentesse stanno ancora attendendo una risposta dal Ministero che, ancora una volta, ritarda nell’approvazione dei nuovi piani di studio: l’anno accademico è alle porte e l’incertezza è tanta. Con il decreto ministeriale del 14 luglio 2020 emanato dal Ministro dell’Università e della Ricerca, sono stati delineati i criteri di ripartizione del “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’Università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, che ha destinato 9 milioni di euro per le AFAM pubbliche e 1 milione per quelle private. 

Le accademie di belle arti e i conservatori erano istituti superiori alla pari delle università di Architettura, ma il regime fascista le fece diventare istituzioni scolastiche, iniziò così un lungo periodo di declassamento. Solo alla fine degli anni Novanta venne concessa l’equipollenza con le università e la supervisione del Ministero dell’Università e della Ricerca, una storia difficile già in partenza. Anche il riconoscimento in ambito universitario dei crediti accademici ottenuti, i cosiddetti CFA, è un procedimento complesso, spesso per le università questi non valgono.

Si pensa spesso che l’arte non possa che essere un passatempo, un hobby, ma per moltissimi professionisti è un lavoro che deve essere riconosciuto alla pari di qualsiasi altra professione. Non sappiamo valorizzare le nostre bellezze, non siamo in grado di gestire i fondi dedicati all’arte e alla cultura, forse perché sono ambiti permeati dal pregiudizio che possano essere economicamente poco fruttuosi, ma non è così; l’arte sta virando verso una digitalizzazione impressionante. Le Art Industries esistono e rendono milioni di euro: realtà aumentata, apparecchiature tecnologiche per un experience museale in sicurezza, tecnologie 3D. I modelli espressivi si stanno adeguando ad ogni situazione, ma sembra che il mercato dell’arte debba rimanere ancora prerogativa di pochi eletti. 

 

 

Bisognerebbe partire dal riconoscimento dei diritti fondamentali per studenti, studentesse e corpo docente, poi si imparerà a valorizzare e curare il patrimonio artistico del nostro Paese, esso ha bisogno laureati e laureate nelle venti accademie italiane che sappiano curare quello che per anni è stato lasciato in balia del degrado. Uno stato che dedica solo il 4,1% del proprio PIL all’istruzione, non potrà mai reputare l’istruzione un campo essenziale per la crescita e la formazione di menti artistiche in grado di migliorare l’Italia.

L’arte in Italia non è una priorità.

Fonte: The Vision

 

Ylenia Covalea

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La eco di Primo Levi deve risuonare ancora

Cosa significa non poter studiare, affermarsi, emanciparsi? Ora viviamo un particolare momento storico fatto di lezioni in remoto e aule ad accesso limitato; il diritto allo studio è (quasi) sempre riconosciuto, ma durante il fascismo era negato.

Abbiamo parlato di Erasmo da Rotterdam, Antonio Gramsci, Rita Levi Montalcini. Cosa accomuna questi personaggi straordinari? Sono tutti fiori all’occhiello dell’Università degli Studi di Torino. Oggi parliamo di Primo Levi, la sua storia è peculiare perché si laurea nel bel mezzo dell’entrata in vigore delle leggi razziali in Italia, cosa significava essere ebreo a Torino durante il fascismo?

Continua così la nostra rassegna alla scoperta della storia dell’Ateneo torinese, tra seicento anni di storia e date importanti. Primo Levi si iscrive al Liceo classico Massimo d’Azeglio, rinomato per aver aver ospitato tra le cattedre svariati professori fortemente antifascisti prima dell’epurazione fatta dalle leggi razziali. Un fatto interessante è la conoscenza di Cesare Pavese; Primo viene a contatto con il celebre scrittore proprio al d’Azeglio, Pavese infatti è il suo professore d’italiano in prima ginnasio. Si iscrive alla facoltà di Chimica l’anno prima dell’entrata in vigore delle leggi razziali, ma Primo Levi riesce comunque a concludere i suoi studi con lode in Chimica, discutendo la tesi nel 1941. Il suo diploma di laurea riporta la svilente precisazione: “di razza ebraica”. Questo lo porta a dire si essersi impegnato duramente nello studio perché l’ambiente universitario torinese fascista lo faceva sentire uno straniero, uno studente diverso.

L’anno dopo, a Milano, viene a contatto con gli ambienti antifascisti militanti ed entra a far parte del Partito d’Azione clandestino, lui che ha vissuto con un padre costretto ad iscriversi al partito, lui che era stato prima balilla e poi avanguardista, “coltivavo un moderato e astratto senso di ribellione”, dirà poi in Se questo è un uomo. 

L’8 settembre il governo di Badoglio annuncia l’armistizio, ma la guerra procede, infatti di lì a breve Levi viene prima portato nel campo di prigionia Carpi-Fossoli e poi ad Auschwitz, in Polonia, dopo aver fatto parte di un gruppo partigiano in Val d’Aosta. 

Dopo la liberazione torna a Torino, lavora come chimico, incontra Lucia Morpurgo, quella che sarà la sua futura moglie, e scrive. Un chimico che scrive? Ha molto da raccontare, decide così di raccogliere quei pensieri e quelle vicende che lo stanno tormentando: nasce Se questo è un uomo (1944-1947). Lo presenta alla casa editrice Einaudi che però lo rigetta in prima istanza, pubblicato quindi in tiratura limitata da De Silva; il libro cardine sulle atroci testimonianze dei lager è un flop. È il 1956 quando Se questo è un uomo viene riproposto e quindi pubblicato dall’Einaudi, che non smetterà mai di ristamparlo. 

Italo Calvino definisce il libro come “pagine di autentifica potenza narrativa” (Italo Calvino in Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 2005), Primo non smette di scrivere e ricevere consensi. Vince il Premio Strega nel ’79 con La chiave a stella. 

Un chimico che scrive, racconta, analizza. Perché la sua formazione universitaria in campo scientifico è così importate? Lo si legge tra le sue pagine: il pensiero legato all’empirismo si riflette nei testamenti di Primo Levi, non ha mai cercato di impressionare, non ha mai scritto per i lettori, lo ha fatto per sé stesso. Un atto di catarsi pura ed essenziale, un esempio di come la scrittura sia liberazione della mente. Un atto liberatorio da quelle vicende che lo inseguono, impossibili da rilegare tra le pagine di un libro e chiudere per sempre, ma forse sussurrate a chi sa leggere tra le righe. 

 

Parole che hanno una forte eco.
Da Levi c’è molto da imparare.

 

 

(Fonte: Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 2005.)

Ylenia Covalea

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La sessione esami è alle porte e sappiamo che alcuni/e di voi staranno studiando senza sosta per un appello particolarmente impegnativo. Per questo oggi vogliamo darvi qualche piccolo consiglio per organizzarvi al meglio, studiare ed essere produttivi al massimo.

 

Organizza il tuo studio – il segreto risiede nell’organizzazione del materiale che hai da studiare. Potrebbe essere un consiglio banale, ma è la chiave per la buona riuscita di una giornata intensa di studio. Spesso, per preparare un esame, avrai da studiare manuali, dispense, appunti e schemi, per questo darti delle scadenze ti porterà ad avere sempre chiaro quello che dovrai studiare, in modo da non farti prendere dal panico e finire tutto per tempo. Prendi un calendario e segna i giorni disponibili per lo studio, dividi le pagine da leggere e programma del tempo per il ripasso.

Quality over quantity trova il momento della giornata più congeniale per studiare: mattino, pomeriggio o sera; ognuno preferisce farlo in momenti diversi della giornata. Non sempre si riesce ad essere produttivi/e per otto ore consecutive: subentra la stanchezza e, talvolta, la noia. Per questo ti consigliamo di trovare il momento giusto della giornata per focalizzarti sullo studio, quattro ore di ripasso intenso possono servire molto più di otto ore passate sui libri, magari distraendosi in continuazione. Svegliati presto in modo da avere a disposizione tutta la giornata per studiare e prendi le dovute pause per svago e relax, è molto importante anche riposarsi per schiarirsi le idee.

Trova il tuo metodo di studio – non è semplice, specie nel passaggio tra liceo ad università. Il carico di studio è ben diverso, le sessioni e gli appelli sono scadenzati, è quindi importante studiare volta per volta, in modo da non ritrovarsi, qualche giorni prima dell’esame, con materiale ancora da leggere. C’è chi si trova meglio a studiare direttamente dal manuale, chi invece preferisce scrivere riassunti e schemi a mano o a computer. Non esiste un “metodo migliore” di un altro, basta trovare quello più adatto, prova e vedrai. 

 

 

Prendi sempre appunti – in alcune università la frequenza non è obbligatoria, ma assistere il più possibile alle lezione ti aiuterà non solo nella comprensione della materia, ma anche nella stesura degli appunti: uno strumento spesso fondamentale. Se una lezione ti sembra particolarmente complessa e credi ti possa essere utile riascoltarla, usa un registratore per riprenderla in fase di studio. Una volta a casa sarà utile rivedere gli appunti e integrarli con eventuali libri di testo.

Ripeti con compagni e compagne di corso – il ripasso, lo sappiamo, è una parte importante dello studio, infatti lo si utilizza per imprimere meglio i concetti. Potrebbe essere d’aiuto ripetere ad alta voce con un compagno o una compagna, in modo da scambiarvi opinioni e prepararvi meglio.

La sera prima dell’esame evita di studiare – dormi, riposati e cerca di finire lo studio almeno un giorno prima, così da dedicare la serata al riposo per ricaricare le energie in vista dell’esame; meglio una nottata di sonno che qualche ora sporadica per ripetere le ultime cose in fretta.

 

Ti auguriamo un buono studio!

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Torino è una città viva e piena di posti perfetti per leggere, studiare e lavorare; dai bar storici ai circoli, passando per le aule studio all’aperto. L’estate sta per finire, ma puoi ancora godere del bel tempo studiando fuori casa, magari con un caffè e degli amici; oggi ti consigliamo qualche luogo per farlo in relax, nelle cornici offerte da Torino.

 

  1. L’Imbarchino del Valentino | Viale Umberto Cagni, 37 | è uno dei locali storici di Torino, aperto tutti i giorni dalle 9.30 alle 02.00, è il posto perfetto per godere di un’ottima vista, direttamente sulle sponde del Po, leggere un libro e studiare per un esame. La sera diventa uno spazio per rassegne e concerti, proprio in questo periodo si sta svolgendo una rassegna cinematografica di film indipendenti: Imbar Kino — Il Cinema nel prato, ne abbiamo parlato in uno dei nostri ultimi post su Facebook e Instagram. Un ambiente giovane e frizzante, è sede di una delle aule studio del campus universitario diffuso della città di Torino.
  2. Circolo dei Lettori | in via Bogino 9, una traversa di via Po, dietro un imponente portone, si nasconde una perla seicentesca: potrai studiare in una cornice straordinaria, all’interno del Palazzo Graneri della Roccia, costruito da Gian Francesco Baroncelli tra il 1681 e il 1699. Tra le sale dallo stile retrò troverai l’atmosfera adatta per studio e lavoro, divanetti, poltroncine e tavoli nelle svariate sale che ospitano anche eventi e rassegne. Il wifi c’è, ma per usarlo devi fare la tessera del Circolo. C’è anche il bar: dopo un pomeriggio di studio intenso potrai concederti un aperitivo e prendere parte agli svariati eventi letterari proposti dalla Fondazione.

 

 

  1. MiaGola Caffè | Ami i gatti e le torte? Questo è il posto perfetto per te. Cosa c’è di meglio di studiare accompagnati da un simpatico micio che dorme indisturbato sulla sedia accanto alla tua? A Torino ce ne sono due; uno in Via Giovanni Amendola 6D e l’altro in Via Bogino 5/d. I MiaGola sono bar perfetti per rilassarsi, leggere e studiare in compagnia di gattini che si aggirano tra i tavoli.
  1. Le sette aule studio outdoor del campus universitario diffuso | approfitta della bella stagione per lo studio all’aperto; esistono sette aule studio nei Punti Verdi della Città di Torino, dal lunedì 10 agosto a mercoledì 30 settembre 2020. 900 posti a disposizione, WI-FI disponibile, distributori dell’acqua e igienizzante mani. Nella sezione news del sito trovi tutte le aule con orari di apertura e indirizzi. 
  1. OGR — Officine Grandi Riparazioni | Corso Castelfidardo 22 | le OGR sono un vero punto di ritrovo per i creativi e le creative di Torino. Qui l’architettura è la vera protagonista; negli ampi spazi delle OGR gli interventi di recupero hanno evidenziato in meglio la bellezza dello “stile industriale”. Tra mostre, arte visiva, cultura, concerti e workshop troverai lo spazio ideale per studiare: tavoli, divani e wifi gratuito. E se non ti bastasse studiare, le OGR sono il locale adatto per fare networking: è sempre utile conoscere nuove persone e intessere legami.

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Per il primo post sul blog di Studyintorino abbiamo pensato ad una piccola guida non convenzionale al mondo universitario. Dopo le vacanze estive inizierà un nuovo anno accademico e abbiamo voluto rivolgere il post a chi lo comincerà per la prima volta. Un’aula stracolma di studenti e studentesse, posti a sedere esauriti: finirai per sederti sulle scale, magari con la schiena poggiata sullo zaino, perché tra le gambe non c’è spazio. Le macchinette del caffè al secondo piano saranno fuori uso e il professore di una materia impronunciabile in ritardo, estremo ritardo: ecco, il tuo giorno all’università potrebbe somigliare a questo, ma non disperare! È totalmente normale; ecco alcuni accorgimenti che potrebbero aiutarti.

Appena varcata la porta d’ingresso dell’università entrerai in un mondo frenetico, sentirsi fuori luogo è forse l’emozione più comune, ma ci vorrà un attimo: ti adatterai presto. L’università potrebbe sembrarti il fine ultimo, il trampolino di lancio per un’entusiasmante carriera lavorativa che non aspetta altro che te, ma molto presto ti accorgerai che l’università sarà, prima di tutto il resto, un luogo di sperimentazione, che per qualche anno potrà regalarti gioie, ma anche qualche dolore. Non vederla come una sconfitta, ma ricevere un voto basso ad un esame, specie al primo, fa parte della sfida, non è il voto a fare la differenza, bensì le conoscenze che hai acquisito, e se non dovessi essere abbastanza soddisfatto/a, potrai sempre ritentare all’appello successivo e prepararti meglio. L’ansia da prestazione? Normalissima! Minuti d’interminabile agitazione prima che l’assistente pronunci il tuo cognome, e poi? Vuoto di memoria, non ti ricordi nemmeno una frase del manuale che hai studiato. Sarebbe strano se quest’ansia non ci fosse, ricorda sempre di credere nelle tue capacità. Incontrerai compagni e compagne che sapranno indicarti l’aula giusta per il corso di filosofia moderna e che alla prossima lezione non vedrai più, ma potrai anche imbatterti in anime affini che renderanno questo tuo percorso più leggero, perché in compagna è tutto più bello. Datti del tempo per conoscervi e alla fine il loro sostegno sarà fondamentale. Avere paura di non farcela; troppo da studiare, poco tempo, la didattica a distanza, gli esami sovrapposti, ma riuscirai a fare tutto, con i tuoi tempi, sii sempre comprensivo/a con te stesso/a, specie in questi mesi che possono risultare difficili per ogni studente e studentessa.

Con questo ti vogliamo augurare un anno accademico pieno di soddisfazioni, ricorda sempre: l’università sarà presto un bellissimo ricordo.