Le testate giornalistiche spesso tendono a precisare che l’ingegneria è anche “roba da ragazze”, altre invece pongono la domanda direttamente ai lettori e alle lettrici: “l’ingegneria è una lavoro per ragazze?” Ma davvero si pensa, nel 2020, che l’ingegneria non sia una “questione” della quale possa occuparsi una donna?
Venerdì vi abbiamo raccontato la storia della prima donna Ingegnere in Italia, quando le ragazze iscritte all’università erano poco più di 200. Oggi vogliamo invece sviscerare la situazione delle iscrizioni alle discipline STEM in Italia. Qual è la situazione attuale nel mondo accademico? Perché spesso si parla di un “pregiudizio” che vorrebbe la donna “rilegata” in materie educative e non tecniche? Diamo uno sguardo ai dati: nel 2019 la presenza femminile nel Corso di Laurea in Ingegneria a Torino ha visto un aumento del + 2% rispetto alla media maschile, arrivando a toccare quota 26% del totale (www.lastampa.it). Il quadro è chiaro, le donne ad Ingegneria sono meno degli uomini e la situazione dell’Ateneo piemontese è la più florida d’Italia.
È arrivato il momento di smettere di pensare che possano esistere corsi di laurea e lavori adatti solo agli uomini.
Sappiamo che gli strascichi di una cultura patriarcale si rigettano all’interno degli ambiti più disparati, da quelli accademici a quelli lavorativi, quindi si, fino a non troppo tempo fa l’opinione generale voleva la donna costretta al solo lavoro di cura o impiegata in ambiti prettamente educativi. La storia delle donne nella scienza e nella tecnologia è sicuramente più recente rispetto quella dei colleghi maschi, infatti quando le ragazze studiavano economia domestica Enrico Fermi progettava il primo reattore nucleare, quando le donne dovevano imparare ad essere mogli devote e madri perfette, due scienziati stavano lavorando alle ricerche sulla struttura a doppia elica del DNA. Potremmo andare avanti all’infinito. Alle donne è stato permesso di frequentare le università in tempi non troppo antichi, quando Emma Strada si laureava al Politecnico di Torino, in tutta Italia le iscritte all’università risultavano essere solo 250 — era il 1908. La percentuale di affluenza femminile nei settori tecnico – scientifici delle aree STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) risulta essere il 44% (Anno 2016 – Miur), ben undici punti in più rispetto la media, per esempio, del Regno Unito.
Forse il dato più preoccupante è la differenza di salario tra uomo e donna.
L’Italia presenta divari disarmanti, per l’Eurostat il nostro Paese si posiziona al 17° per Gender Pay Gap, in una classifica composta da 24 stati (www.repubblica.it). Nel nostro Paese le donne laureate in materie tecniche e scientifiche guadagnano il 20% in meno dei colleghi (www.larepubblica.it), spesso sono portate ad accettare lavori meno qualificati rispetto alla loro formazione, part-time e stipendi non all’altezza delle loro capacità. La situazione di una carenza di donne ingegnere non è troppo diversa da quella di donne Giudici della Corte di Cassazione, in Europa sono il 37%, in Italia solo il 26%.
Spesso si riduce la questione ad un pensiero diffuso: le ragazze sono portate a pensare, colpa di anni di sessismo in ambito lavorativo, di “non essere adatte” alle discipline tecniche, ma siamo così sicur* che sia una credenza diffusa tra le studentesse? Davvero le donne sono le prime a pensare di non essere adatte ad un lavoro reputato per anni prerogativa maschile? Lasciamo la parola ad Agnese, una neolaureata in Ingegneria al Politecnico di Torino
Parlaci un po’ della tua formazione universitaria
A: Nel complesso definirei la mia esperienza al Politecnico positiva, ho conosciuto una realtà nuova in un ambiente diverso da quello a cui ero abituata, ma in cui mi sono subito trovata bene. Non nego che ci siano stati momenti difficili, ma non ho mai preso seriamente in considerazione l’idea di mollare perché, nonostante la mole di lavoro che a volte mi è sembrata insormontabile, sono riuscita quasi sempre a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata e, nell’insieme, i corsi che ho seguito mi hanno sempre interessata.
Cosa ti ha spinta ad iscriverti proprio ad Ingegneria?
A: L’ingegneria non è una mia passione da sempre, ma ho cominciato a interessarmi a questo ambito verso la metà delle scuole superiori, grazie ad un amico di famiglia ingegnere edile. Inizialmente pensavo che avrei intrapreso anche io quel percorso ma, con il tempo, ho scoperto il mondo delle energie e ho deciso di iscrivermi ad Ingegneria Energetica. Mi sono da poco laureata in triennale e ho deciso di proseguire con la magistrale, dove sono sicura che affronterò temi più interessanti e specifici, che mi permetteranno di avere una conoscenza più approfondita della materia.
Le testate giornalistiche parlano di un radicato “pregiudizio” che vorrebbe rilegare la donna in un ambito lavorativo meno tecnico, come quello educativo o della cura della persona, ti è mai capitato di sentire questo pregiudizio durante il tuo percorso universitario?
A: Fortunatamente non l’ho mai sperimentato in prima persona, ma è una cosa che si percepisce spesso sia in ambito lavorativo che in ambito scolastico, già a partire dalle scuole superiori, dove si assiste a una netta divisione tra gli indirizzi considerati più “femminili” e quelli più “maschili”.
Il Gender Pay Gap lavorativo, specie in una professione a maggioranza maschile, ti spaventa?
A: Non credo di sentirmi spaventata quanto più demoralizzata dal fatto che un uomo possa guadagnare più di una donna per lo svolgimento dello stesso compito. La mia speranza è, certamente, quella di trovarmi un giorno in un ambiente lavorativo che riconosca l’impegno di ognuno indipendentemente dal sesso e che nei prossimi anni questa possa diventare la tendenza in tutti gli ambiti, non solo in Italia ma anche all’estero.
La testimonianza di Agnese è importante per capire che no, le ragazze non sono così convinte che le materie STEM non siano adatte a loro, questo pregiudizio è forse presente più tra coloro che permettono esista una differenza salariale tra uomo e donna, non certo tra le ingegnere. La strada è lunga, molte università stanno virando verso l’impegno di destinare la propria offerta formativa alle future professioniste STEM, grazie a campagne e progetti promossi da Atenei quali il Politecnico di Torino e quello di Milano. Ci auguriamo che possa essere una tendenza sempre più diffusa per contrastare le poche iscrizioni, senza però dimenticarci che il Gender Pay Gap svolge un ruolo fondamentale nella scelta universitaria delle giovani e future studentesse. È un divario salariale diffuso che deve essere abbattuto dall’interno e dell’esterno, l’impegno delle istituzioni deve essere costante e volto al superamento di una percentuale che scredita il nostro Paese nel mondo.
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Ylenia Covalea
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