Raffrescare e riscaldare gli ambienti in cui viviamo o lavoriamo è un’esigenza comune nella maggior parte delle aree abitate. In Europa, l’energia consumata per la climatizzazione è già in aumento, ma l’innalzamento delle temperature in diverse regioni del mondo fa prevedere un possibile aggravarsi di questa esigenza. Per soddisfare il bisogno di raffrescamento degli edifici durante la stagione estiva, la tecnologia più diffusa a livello domestico e industriale è il classico condizionatore, che spesso impiega fluidi refrigeranti ad alto impatto ambientale e richiede inoltre un elevato fabbisogno di elettricità. Come ridurre, quindi, l’impatto energetico del raffrescamento degli edifici?
Una proposta arriva da un gruppo di studiosi del Politecnico di Torino (SMaLL) e dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM), che ha studiato un dispositivo capace di generare un effetto di raffrescamento senza l’utilizzo di energia elettrica, oggetto di una ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances*. Come nei dispositivi tradizionali, anche questa nuova tecnologia diminuisce la temperatura di un ambiente sfruttando l’evaporazione di un liquido. Tuttavia, la chiave della nuova soluzione proposta dai ricercatori torinesi è quella di usare semplice acqua e comune sale invece di composti chimici potenzialmente dannosi per l’ambiente. L’impatto ambientale del nuovo dispositivo è inoltre ridotto perché basato su fenomeni passivi, ossia processi spontanei come la capillarità o l’evaporazione, invece che su pompe e compressori che necessitano di energia e manutenzione.